La fossa dei peccati (Italian Edition) by Marcel Aymé

La fossa dei peccati (Italian Edition) by Marcel Aymé

autore:Marcel Aymé [Aymé, Marcel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: L'orma editore
pubblicato: 2020-05-21T22:00:00+00:00


Racconto di Natale

Nel 276mo reggimento fanteria c’era un maresciallo assai buono e dolce, il maresciallo Constantin. Fosse stato per lui, ciascun soldato avrebbe avuto un cavallo personale e la colazione a letto, ma capiva bene che era impossibile. Il militare non è fatto per un’esistenza di piaceri, al contrario: finisce per rammollirsi. E il dovere di un maresciallo è proprio controllare che nessuno poltrisca, che tutti rispettino la disciplina, sennò tanto varrebbe che non ci fosse l’esercito. D’altronde, se ogni fante avesse un cavallo, non si chiamerebbe fanteria ma cavalleria, e la cosa non sarebbe priva di conseguenze. È una questione di principio. Ognuno deve stare al proprio posto. Per questo il maresciallo Constantin infliggeva molte punizioni. A qualsiasi ora del giorno lo si sentiva gridare nel cortile: «Stanotte la passi in gattabuia!», oppure: «Ti metto di corvée dove sappiamo!», o anche: «Dirò al colonnello di darti quindici giorni di prigione!». Ma, a far piovere punizioni, il cuore gli sanguinava di pietà, e così gli accadeva di mormorare tra sé e sé: «Se solo potessi dormirci io, in prigione, al posto loro!». E quando non lo mormorava, lo pensava. Era un maresciallo davvero buonissimo. Puniva solo quando non aveva altra scelta, ma gli uomini del 276mo non capivano che lo faceva per il loro bene. Dicevano di non avere mai visto un mastino come il maresciallo Constantin, e lui, che di tanto in tanto orecchiava questi discorsi, ci restava così male che la sera, nel letto, non riusciva a trattenere le lacrime. Pensava che i galloni del maresciallo fossero difficili da portare, molto più di quelli del capitano o del comandante.

La testa calda del 276mo era senza dubbio Morillard. Rispondeva ai superiori, non si curava di pulire la ruggine dal fucile, leggeva giornali sovversivi, scriveva «Abbasso l’esercito» sui muri della caserma, usciva senza permesso, tornava ubriaco fradicio e qualche volta restava fuori tutta la notte. E poi, bisogna dirlo, era il più assiduo frequentatore del numero 8 di rue du Vert-Vert; ma su quel che faceva laggiù preferiamo soprassedere. Una sera il caporale Meunier l’aveva accompagnato, e raccontava che era una cosa impossibile da immaginare se non si aveva già una certa esperienza.

A volte, dopo aver lanciato una bestemmia di prammatica, il maresciallo Constantin minacciava Morillard di fargli sputare sangue, ma era un modo di dire, che serviva più che altro a fargli venire un po’ di strizza. In realtà sperava che quella testa calda finisse la leva al più presto, prima di mettersi nei guai per una qualche bravata. E Morillard, d’altronde, non aveva meno fretta del suo superiore, poiché non si fidava di se stesso, né delle sorprese che gli riservava il domani.

«Non vedo l’ora di andarmene» diceva. «Figuriamoci se rinnovo la ferma. È più facile che mio zio diventi un maiale!»

Eppure Morillard rinnovò la ferma a un mese dal congedo. Ecco cos’era successo: al numero 8 di rue du Vert-Vert era arrivata una stangona più bionda che mai. Si chiamava nientepopodimeno che José. Perfino i suoi occhi erano biondi, e così dolci e ardenti che le bastava uno sguardo per divorare il cuore di un uomo.



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